leader populisti

Gira che ti rigira, sempre al solito punto si torna: i voti sono un mezzo o sono un fine? Logica vorrebbe che fossero un mezzo, lo strumento per realizzare i propri fini di governo. Perciò nelle democrazie mature e nei sistemi politici sani i leader meglio attrezzati per intercettare gli umori popolari dopo aver vinto le elezioni tradizionalmente cambiano passo, stile e parole d’ordine temperando con massicce dosi di realismo il surplus di demagogia necessariamente speso in campagna elettorale.

Dalla denuncia alla responsabilità, passaggio quantomai doveroso nei momenti di emergenza nazionale.

È sempre stato così e oggi lo sarebbe più che mai. Perché oggi più che mai il contesto cambia velocemente e quando cambia il contesto deve cambiare anche l’approccio della Politica e di chi governa. Un tempo questo cambio d’abito veniva naturale, era un bene per i popoli, oggi no.

Non è un caso che, come ha documentato il New York Times, la pandemia di Covid 19 abbia colpito di più i Paesi guidati da leader demagogici e illiberali. Inutile, qui, rivangare il triste avvitamento del governo gialloverde: il “più populista d’Europa”. Un’Europa che sta cambiando musica, mentre i leader dei due movimenti politici allora al governo continuano a suonare lo stesso spartito.

Tra Bruxelles, Berlino e Francoforte, accadono, in effetti, cose impensabili fino a poco tempo fa: soldi a fondo perduto, prestiti a tasso zero, interventi illimitati della Bce, un progetto di “golden power” europeo per proteggere le aziende strategiche continentali dalle acquisizioni ostili di imprese extracomunitarie… Novità enormi, che vanno nella direzione auspicata, in fondo, da tutti, e urlata a gran voce da demagoghi e sovranisti: il progressivo passaggio delle istituzioni europee da una logica tecnocratica ad una logica politica, dallo spirito del ragioniere a quello del buon padre di famiglia.

Siamo ai primi passi, certo, e si tratta senz’altro di un percorso complesso e irto di ostacoli. Ma il cambiamento è innegabile, il contesto odierno non è più quello di due mesi fa.

Leader veri e consapevoli avrebbero cambiato approccio.

Si sarebbero intestati il merito del mutamento in corso e avrebbero impiegato tutta la propria capacità politica nel tentativo di guidare il processo nella direzione auspicata. Non è quel che accade da noi.

Da noi, demagoghi e sovranisti utilizzano gli stessi canoni retorici di sempre, combattono gli stessi fantasmi, evocano gli stessi spettri.

Continuano ad interpretare i voti come un fine e non come un mezzo, senza rendersi conto che di questo passo quei voti per loro saranno inutilizzabili. 

Lascia un commento