editoria crisi

Forte con i deboli, debole con i forti. Così il vecchio Pietro Nenni descriveva lo Stato italiano, così il governo Conte si sta effettivamente comportando. Parliamo di editoria.

Che il Movimento 5stelle voglia fare a pezzi l’editoria tradizionale favorendo gli interessi dei grandi player digitali è cosa nota. Ignoto era, ad oggi, il fatto che su questa linea si attestasse anche il Partito democratico.

Il decreto “Cura Italia” non prevede, infatti, alcun intervento diretto a sostegno delle aziende editoriali, che già prima del Coronavirus attraversavano una crisi strutturale drammatica.

Il governo ha detto no a un credito per gli acquisti di carta, all’Iva forfettaria, alla reintroduzione dell’obbligo di pubblicare i bandi delle aste giudiziarie.

Si penalizza, così, un settore industriale del Paese e si comprime la qualità della democrazia, di cui la libera informazione è un tassello imprescindibile. Soprattutto non si fa nulla per responsabilizzare coloro che più di ogni altro si sono avvantaggiati dallo status quo e ancor più si avvantaggeranno dalla crisi in corso: i giganti del Web.

Uno studio di Mediobanca rivela che nel 2018 questi ultimi hanno realizzato ricavi in Italia per 2,5 miliardi e pagato tasse per 64 milioni. Per loro, il Coronavirus è una manna. Realizzeranno miliardi di ricavi aggiuntivi grazie al picco del commercio on-line (ulteriore mazzata sulla nuca dei nostri commercianti) e dei fatturati pubblicitari sui social.

Si profila una questione di giustizia e di equità: che l’Italia si faccia protagonista in Europa di un’azione politica volta a non scaricare sui più deboli i costi della crisi, mettendoli in conto ai più forti. E i più forti, oggi, sono i giganti del Web

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