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La litigiosità da sempre connaturata nel mondo del calcio, sembrerebbe essersi placata al tempo del coronavirus. Sembrerebbe, ma non ne possiamo essere certi. Staremo a vedere quale sarà la reazione dei presidenti quando le tv satellitari forniranno il proprio punto di vista sulla prossima riapertura del campionato, si dice il 3 maggio.

È una data presunta, ottimistica, eppure plausibile ammesso che si verifichino due condizioni indispensabili: che i calciatori di Serie A, sottoposti tutti al tampone anti Covid-19, risulteranno essere negativi al virus e che gli stadi continuino a restare con le porte chiuse. Poi, gradualmente si verificherà la possibilità di tornare alla normalità, entro il 30 giugno oppure con lo sforamento di due settimane a luglio.

Perché si attendono le risposte di Dazn e Sky? Perché bisognerà capire se, giocandosi le ultime 12 giornate di campionato ogni 3 giorni e disputandosi tutte e 10 gare nello stesso giorno, i titolari dei diritti televisivi potranno avere contrazioni o reclami da parte del pubblico tv, che aveva sottoscritto l’abbonamento ad inizio stagione e con presupposti decisamente diversi.

Probabilmente non si arriverà a questo, ma il rischio che dall’italico calcio possano sparire dai 600 ai 700 milioni di euro, è davvero forte.

Questo metterebbe a rischio la tenuta contabile soprattutto dei club minori: qualcuno di loro correrebbe il rischio di non iscriversi al prossimo campionato. Allora sì che la litigiosità pallonara tornerebbe a galla con ancora più vigore.

Toni a parte, non me la sentirei di criticare i presidenti dei club di Serie A se, di fronte ad una eccezionalità quale il coronavirus, poi dovessero subirne le conseguenze commerciali e forse giudiziarie. Ecco perché credo che sia necessario che il pallone ricominci a rotolare quanto prima.

Trattandosi di un’industria, tra l’altro molto florida, ha bisogno di riaprire, anche per la moltitudine di realtà e di soggetti che ruotano intorno ad essa. In un report fornito dalla FIGC e presentato alla Camera dei Deputati con il titolo Il conto economico del calcio italiano è stato dimostrato attraverso il lavoro della Deloitte, quanto incidesse l’industria del pallone sulla situazione economica del Paese ed in particolare sul Prodotto interno lordo (Pil). In buona sostanza, la produzione complessiva del calcio italiano è valutata intorno ai 4 miliardi e 258 milioni di euro, con una percentuale del 7% della crescita del Pil. Ecco perché lo stato di salute dell’italico pallone, interessa più al governo che ai tifosi.

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