ambiente sanità

Arriveranno i giorni in cui nulla sarà come prima ma per ora tutto va peggio di ieri. Anzi, pure nell’emergenza più globalizzata dal dopoguerra siamo riusciti a confermare balbettii, ritardi ed egoismi italici.

Il blocco del sito dell’Inps è finito in barzelletta con Tridico che se l’è presa con gli hacker, l’insegnamento a distanza ha confermato il divario tra le scuole del Nord e del Sud (con studenti e docenti in molte aree del Paese costretti a peripezie da rabdomanti per intercettare la rete) segnando con la matita rossa i ritardi accumulati nei tempi assegnati dall’agenda digitale europea e, per finire, nelle strade c’è più gente di quanta dovrebbe e potrebbe.

E questi giorni, che nemmeno il più geniale autore fantasy avrebbe potuto prevedere, impongono prese di coscienza che dovranno portare il Paese a scelte che fino a febbraio sembravano improbabili ed improponibili. La verità è che eravamo inconsapevolmente già nel “non sarà più come prima”.

Un tempo il virus nasceva e moriva nell’ambiente in cui si era sviluppato mentre invece adesso stiamo vivendo un fenomeno epocale: in poche settimane il Covid-19 dall’Asia si è diffuso in tutto il mondo e questo è il risultato di un ecosistema da noi creato e che genera spontaneamente delle armi biologiche naturali.

Non si spiegherebbe perché, dopo la prima guerra mondiale, l’influenza spagnola impiegò due anni per diffondersi, mentre questa volta è bastato meno di un mese.

Ecco perché il primo approccio del dopo dovrà essere una nuova cultura di eco-alfabetizzazione che restituisca i diritti alle comunità locali e più in generale all’umanità, con l’obiettivo di tutelare l’ambiente ed il futuro delle generazioni che verranno.

Ma partendo da questo presupposto, globale, in Italia non si potrà prescindere da fatti incontrovertibili. Il Covid-19 e la quarantena hanno azzerato qualsiasi ragionamento di federalismo, perché è emerso con evidenza che la spesa sanitaria divisa per Regione non garantisce in maniera equa la salute pubblica. Gli interventi assistenziali ed economici (reddito di cittadinanza e oggi un’auspicabile indennità di quarantena) possono funzionare in tempi ristretti e di emergenza ma solo la produttività crea lavoro e benessere. Solo investendo nella formazione e quindi nella scuola e nell’università sarà possibile ridurre il gap tra il Nord e il Sud del Paese. Deve essere potenziato il cablaggio e rendere omogeneo il servizio di rete su tutto il territorio nazionale.

Per realizzare tutto questo, nessuno può fare da solo.

Va rivitalizzato e rilanciato lo Stato sociale, riorganizzando e non più delegando i servizi essenziali. A partire dalla sanità, rivedendo le competenze regionali e ripensando le organizzazioni di struttura e territoriali.

Comments on Post(1)
  • Riccardo
    • 03 Aprile, 2020 at 15:45 pm
    • Reply

    PURTROPPO IL NOSTRO SUD E DIMENTICATO,MA, ABBIAMO I MEZZI E LE CAPACITA`X FAR SI CHE SI PUO`INTRAPRENDERE UN CAMMINO PROSPEROSO E RIQUALIFICANTE DEL SUD.

Lascia un commento