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Più del quando, conta il come. Invece, tra i ranghi di governo e maggioranza in pubblico si parla solo di date, non di strategia. Quando sarà revocato il blocco totale? C’è chi dice subito, chi il 4 maggio, chi vorrebbe soprassedere almeno fino all’estate.

È come se, ha osservato l’epidemiologo Alessandro Vespignani, a ridosso dello sbarco in Normandia gli alleati si fossero interrogati sulla tempistica della riconquista dell’Europa («che dite, attacchiamo in settembre?», «ma no, facciamo a giugno») piuttosto che sulle modalità di quella che passò alla storia come la più massiccia invasione anfibia di tutti i tempi.

Se vogliamo evitare di ritrovarci nel pieno di una seconda ondata di contagi, il come è fondamentale. E deve basarsi non sulla mielosa retorica del torneremo presto ad abbracciarci dispensata a piene mani dal presidente del Consiglio, ma sul presupposto che sarà difficile uscire dalla recessione e che col virus dovremo convivere a lungo.

Perciò serve un piano articolato per testare gli italiani, tracciare il virus, trattare gli infetti, proteggere i sani. E serve, naturalmente, una strategia per riorganizzare il mondo del lavoro, rivitalizzare i settori più colpiti a partire da turismo e agricoltura, programmare la riapertura delle attività produttive a partire da quelle che rischiano di essere tagliate fuori dalle filiere internazionali, contenere la recessione rilanciando edilizia privata e opere pubbliche.

La vita di molti e la qualità della vita di ciascuno dipenderanno dall’efficacia delle strategie adottate. Ma di strategia non parla nessuno.

Con tutto il rispetto per le decine di esperti che affollano i cinque comitati allestiti in fretta e furia dal governo, non è accettabile che scelte così complesse e delicate siano delegate ad un manipolo di “competenti” privi di esperienza politica e di legittimazione popolare. E non è accettabile che siano tirate fuori all’ultimo momento con rulli di tamburi dal cilindro di palazzo Chigi. Conte non è un prestigiatore, il futuro dell’Italia non è un coniglio.

Troppo ottimismo, troppa improvvisazione, troppa incertezza. A breve, milioni di italiani passeranno dalla rassegnazione alla rabbia e quando la rabbia dilaga anche le scelte più lungimiranti risultano inaccettabili.

Prima che sia troppo tardi, sarebbe opportuno comunicare alla Nazione una strategia chiara e sarebbe vitale che questa strategia fosse concordata con tutti i livelli di governo del Paese e con l’intero arco parlamentare, con le categorie produttive e con i sindacati. Chiarito il come, il quando verrà da sé: nessuno si salva da solo, neanche Giuseppe Conte.

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