Con parole diverse Matteo Salvini e Matteo Renzi hanno sostenuto in queste ore che la zona rossa “è tutta Italia”. Sono d’accordo con loro. Se è vero che il Nord sta sopportando le conseguenze sanitarie più pesanti e le misure restrittive più dure, tutto il Paese paga le conseguenze dell’emergenza.

Le migliaia di rientri al Sud raccontano una crisi numericamente ancora poco indagata, ma probabilmente colossale: migliaia di giovani precari del turismo, dei servizi, della ristorazione, del sostegno scolastico, stanno perdendo il loro posto di lavoro. Decine di migliaia di esercenti vedono la clientela dimezzarsi, così come i lavoratori a partita Iva, le fabbriche, chi produce beni e servizi, in una catena depressiva che rischia di azzerare dieci anni di sforzi per uscire dalla tempesta del 2009.

Il governo, finalmente con voce chiara, ci ha spiegato che uscirne in tempi brevi non sarà possibile. Ha chiesto e ottenuto dall’opposizione condivisione e solidarietà nazionale.

Ora la usi mettendo in campo subito un decreto che consenta a famiglie e imprese di affrontare con un minimo di serenità gli sforzi che vengono richiesti.

Serve un provvedimento che consenta a chi è in difficoltà la sospensione immediata dei mutui, almeno per un anno; serve una revisione degli adempimenti fiscali che consenta la rateizzazione “lunga” di Iva, Imu e ogni altra imposta dovuta da imprese e partite Iva. È necessario posticipare le scadenze dei pagamenti delle rottamazioni per chi non ce la fa. L’attivazione larga degli ammortizzatori sociali deve essere rapida, efficiente, senza le consuete lungaggini.

Gli italiani stanno facendo il loro dovere, salvo eccezioni numericamente marginali, e devono essere sostenuti nel loro sforzo. Quando lo Stato chiede molto alle persone deve anche essere disposto a offrire qualcosa e in questa circostanza – grazie anche all’atteggiamento responsabile dell’opposizione – c’è la possibilità di gestire l’emergenza in modo lungimirante, sventando il rischio che la crisi sia pagata dai più deboli e si trasformi in un ulteriore acceleratore delle diseguaglianze e della disgregazione del tessuto sociale. Ci sarà un costo, ovviamente, ma un Paese unito potrà rivendicarne la necessità davanti all’Europa.

Le vecchie resistenze in questa situazione non valgono più, e lo sappiamo tutti: il governo di Giuseppe Conte si muova subito in questa direzione, prima che pure su questo terreno – come in parte è successo in campo sanitario – le cose sfuggano di mano.

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