Niente di meglio, per capire gli umori delle maggioranze e le ansie dei governi, che prestare orecchio a quel che avviene in Rai. Si fa da sempre. Si fa perché la Rai è la “metafora dell’Italia”, ma soprattutto perché è il sensore naturale e preciso del Potere.

Rivelatrici in tempo reale sono, per chi ha la fortuna di intercettarle, le direttive che i leader politici impartiscono, direttamente o indirettamente, ai propri referenti nei tg e nelle reti. Direttive che vengono poi trasferite alle rispettive catene di comando dove, di passaggio in passaggio, perdono la veste ufficiale di consegna riservata per assumere la funzione popolare di argomento da bar.

Ecco, da diversi giorni nel bar della Rai si beve caffè e si chiacchiera di una pressante raccomandazione di Giggino Di Maio ai giornalisti apicali che ha fatto promuovere.

In modo particolare al direttore del Tg1, Giuseppe Carboni, e al direttore di Rai3, Franco di Mare. Telefonate frequenti. Telefonate che si concludono regolarmente con la richiesta di dare il minor spazio possibile a Giuseppe Conte: il “suo” Presidente del Consiglio, il prescelto da Beppe Grillo, l’“amico dei 5stelle”.

Ciascuno è libero di fare le proprie valutazioni.

Per parte nostra, ci limitiamo a due constatazioni. Evidentemente, il tanto sbandierato “fuori i partiti dalla Rai” era riferito ai partiti degli altri. Evidentemente, le risentite smentite dei retroscena giornalistici (questa l’ultima: “Quanto riportato da alcuni organi di stampa in merito a una presunta distanza tra il ministro degli Esteri Luigi di Maio e il presidente Giuseppe Conte è destituito di ogni fondamento, frutto della personale – scorretta – interpretazione di alcuni giornalisti”) erano false.

Balzano, così, agli occhi due clamorose bugie e una frattura politica degna di nota. 

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