burocrazia tecnologia

È indispensabile dare un taglio alla burocrazia, se vogliamo che le misure di emergenza che il governo sta adottando per contrastare gli effetti economici della pandemia da Covid-19 siano efficaci. Semplificare deve essere la parola d’ordine, per far arrivare rapidamente sussidi e integrazioni salariali ai cittadini e consentire alle aziende di recuperare la liquidità necessaria a risollevarsi e ripartire.

Sono molti gli appelli arrivati in tal senso in questi giorni. Quel che non vorrei, però, è che ancora una volta si aggirasse l’ostacolo con procedure straordinarie e poi, superata l’emergenza, si tornasse nel pantano dell’ordinarietà. Quella che stiamo vivendo deve essere un’occasione di cambiamento per il nostro Paese (e non solo), un tunnel dal quale uscire più forti e con meno disparità economiche, sociali e territoriali.

Possiamo parlare quanto vogliamo di semplificare procedure e burocrazia, ma sarà un esercizio inutile se poi ci scontriamo con i down del sito dell’Inps o con centinaia di migliaia di famiglie senza un pc a casa.

Senza avanzamento tecnologico, non esiste semplificazione. O ne deriverebbe una semplificazione che porterebbe con sé nuovi squilibri sociali, culturali, anagrafici, territoriali.

Non so se la soluzione può essere l’introduzione di un “diritto a internet” nella nostra Costituzione, come suggerivano il presidente del Consiglio ieri sera e Riccardo Luna oggi. Penso che una interpretazione al passo con i tempi di alcuni articoli della Carta (3, 4, 5, 9, per limitarci solo ai Principi fondamentali, ma naturalmente non possiamo non citare anche l’articolo 21) già possa in qualche modo indurre a uno sviluppo armonico delle nuove tecnologie su tutto il territorio nazionale.

Appare più urgente, piuttosto, proseguire in maniera più rapida e pervasiva nello sviluppo delle cosiddette infrastrutture immateriali: il Piano nazionale per portare la banda ultralarga in 6,1 milioni di case non coperte dagli operatori privati è in ritardo, così come non può essere abbandonata l’introduzione in condizioni di sicurezza della rete 5G. Bisogna consentire a tutti di avere a casa un pc o un tablet. Bene ha fatto il governo a prevedere dei fondi appositi nel decreto sulla scuola emanato ieri, ma adesso quei tablet devono essere resi disponibili al più presto, per fare in modo che gli studenti non perdano altro tempo prezioso per usufruire della didattica a distanza.

Ma, soprattutto, bisogna intraprendere una profonda azione culturale, che parta dalla scuola ma sia in grado di raggiungere anche i cittadini più avanti con l’età. Secondo l’Istat, tra gli italiani che non accedono a internet, più della metà non sa usarlo e un quarto lo considera inutile. Solo il 13,8% riporta motivi economici alla base della mancata connessione. E a influire maggiormente in questo stato di isolamento tecnologico sono età, titolo di studio, regione di residenza (l’incidenza è più forte al Sud).

Se non superiamo questo scoglio, il nostro Paese resterà per sempre schiavo della burocrazia e a essere penalizzati saranno soprattutto i più deboli.

Allora, iniziamo da chi è già pronto: la stragrande maggioranza delle nostre imprese. Per loro il “pezzo di carta” è solo un fastidio, mentre il digitale è una realtà acquisita. Poi mettiamo subito in campo tutte le azioni necessarie per rafforzare le infrastrutture e diffondere una cultura digitale, senza mai trascurare la sicurezza delle tecnologie, dei dati e delle persone. Questo può essere un obiettivo importante da cui ripartire.


Per segnalare i tuoi problemi con la burocrazia in questa fase di emergenza e avanzare proposte e suggerimenti, scrivi a info@siamovocelibera.it.

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