In Italia siamo abituati a provvedimenti legislativi omnibus nei quali vengono trattati molteplici argomenti, anche molto diversi l’uno dall’altro, ed ai quali viene assegnato un titolo accattivante per la stampa e l’opinione pubblica. Il “decreto liquidità” è uno di questi.
È un provvedimento che consta di 44 articoli, per oltre 142 commi che a loro volta contemplano norme di vario genere, in particolare: il finanziamento delle pmi; il lavoro; la Golden power e la sanità. L’intento dell’esecutivo è quello di far ripartire le aziende di piccole e medie dimensioni, che costituiscono l’ossatura dell’economia produttiva italiana e che, se non rientrano tra quelle espressamente autorizzate a continuare la produzione, sono penalizzate fortemente dal lockdown.
Passiamo in rapida rassegna le norme del provvedimento. Per quanto riguarda la liquidità alle imprese, andrà innanzitutto verificata la corsa ad ostacoli che gli imprenditori dovranno affrontare per poter vedere accolta la richiesta di finanziamento. Il sistema creditizio, celermente, si è impegnato semplificare le procedure istruttorie dei fidi. L’Associazione bancaria italiana ha difatti diramato nottetempo una circolare a tutti gli istituti di credito. Ma questo basterà? Appare evidente ai più che qualora non vengano bloccati i sistemi di segnalazione esistenti – i vari Basilea – la strada per giungere al rilascio del finanziamento sarà ardua, in quanto per l’imprenditore l’aver ritardato o saltato un pagamento, sospenderà immediatamente l’iter di concessione del fido.
Anche la norma volta a concedere un importo inferiore ai 25.000 euro, che sottrae il richiedente alla valutazione del sistema creditizio, presenta degli ostacoli. La lettera m), dell’articolo 13, dispone che l’erogazione sia di “un importo non superiore al 25 per cento dell’ammontare dei ricavi del soggetto beneficiario, come risultante dall’ultimo bilancio depositato o dall’ultima dichiarazione fiscale presentata alla data della domanda di garanzia”. Ciò comporta che per ottenere i 25.000 euro l’azienda deve avere fatturato, nel periodo indicato, 100.000 euro.
Un ulteriore campanello d’allarme sul fatto che il “decreto liquidità” sia da perfezionare, arriva dalla formuletta “non risultano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.
Essa è riportata in calce alla relazione tecnica della quasi totalità degli articoli esaminati del “decreto liquidità”. In particolare il sospetto diviene certezza se si leggono le ultime righe, vergate dai tecnici del Mef, al Capo IV del provvedimento “Misure fiscali e contabili”, con riferimento all’articolo 18 del decreto (“Sospensione di versamenti tributari e contributivi”). La relazione tecnica pur parlando della sospensione di miliardi di euro, riconosce che non vi è alcun impatto economico finanziario per le casse dello Stato, trattandosi di mero rinvio e non di riduzione.
Da ultimo si sottolinea la timidezza dell’esecutivo rispetto ad altre misure annunciate, tra le quali la proroga del versamento dell’Imu, la pesantissima patrimoniale immobiliare che grava sui proprietari. L’augurio è che si tratti solamente di un semplice rinvio al cosiddetto decreto di aprile che molti altri interventi dovrebbe disporre, soprattutto per quelle categorie, una fra tutte quella dei proprietari di locali commerciali, al momento abbandonati dallo Stato.
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