riaprire

Se tutti quelli che si sono trovati da un momento all’altro senza reddito o senza lavoro a costi invariati avessero avuto subito, direttamente in banca e a fondo perduto, i soldi di cui avevano bisogno per tener botta con dignità, ora non ci sarebbe questa smania di riaprire.

In Germania, Francia e persino in Spagna è andata così. Da noi no. E non è colpa né del virus né dell’Europa. Se, per quanto a colpi di Dpcm, il presidente del Consiglio fosse stato capace di fare quel che nei loro Paesi hanno fatto la Merkel, Macron e persino Sanchez, la pressione ora sarebbe minore.

E ancor minore sarebbe se, come hanno fatto la Merkel, Macron e persino Sanchez, Giuseppe Conte avesse “programmato” (parola a lui sconosciuta) e di conseguenza “comunicato” (parola da lui travisata) non solo un piano d’azione sanitaria aperto a più variabili, ma anche una politica industriale che tutelasse sin dall’inizio della crisi sanitaria, consentendone l’apertura, il lavoro delle aziende italiane più esposte alla concorrenza internazionale.

Ma non è accaduto. E allora tutto diventa pesante.

Non poter riaprire è un peso difficile da sopportare per milioni di italiani cui sono stati prospettati semplici prestiti che per giunta tardano ad arrivare.

Portare la croce e al tempo stesso cantare non è da tutti. Occorrono una serenità di fondo e una chiarezza di intenti che lo Stato, attraverso il presidente del Consiglio, non è stato capace di infondere nella società.

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